Piccola CITTA'
La disposizione di un loft che si sviluppa all'niterno di architetture con differenti personalità si ispira alla struttura urbana di TORINO
Progetto di MASSIMILIANO CAMOLETTO - testo di MARIO GEROSA - fotografie di LUISA PORTA
Concavo e convesso, interno ed esterno, vuoto e pieno, freddo ed emozionale, in una buona architettura non sono concetti assoluti. In un progetto la sfida è vinta quando non si sancisce esattamente la linea di demarcazione tra spazi aperti e chiusi, tra moderno e contemporaneo, tra forma e funzione e si
arriva a una sorta di sospensione emozionale. In poche parole, quando un interno stupisce e coinvolge.
Questo loft nel quartiere di San Salvario, una zona multietnica di tendenza, vivace teatro della movida torinese, risponde a quei requisiti, è un’opera complessa e sfuggente, che non si può imbrigliare in alcuna tassonomia architettonica. Basta dare un’occhiata veloce alla pianta dell’appartamento, dove un lunghissimo soggiorno di forma trapezoidale è protagonista, dove ogni ambiente ha un gusto scultoreo, dove gli spazi sfalsati di alcune camere sono interrotti da rispettosi soppalchi, dove le scale interne appaiono come eleganti episodi high-tech in un contesto da architettura industriale, e dove le finestre raddoppiano la luce che irrora gli ambienti ampi e generosi.
Ma andiamo per gradi. Torniamo indietro di 13 anni, quando un importante intervento consente di risanare lo stabile che ospita il loft, un palazzo torinese dei primi del 900, con una particolarità: all’interno della corte quadrata c’è un grande deposito con struttura in cemento armato costruito negli anni 40. Il progettista, Massimiliano Camoletto, co-fondatore dello studio UdA, si misura con la ristrutturazione interna ed esterna di una grande porzione dello stabile destinata a residenza, avvalendosi della collaborazione di Davide Salvatico e Mauro Camagna. «Allora c’era solo lo scheletro dell’edificio», spiega. «Abbiamo dovuto realizzare un intervento importante per ridefinire tutti gli spazi, partendo dalla struttura e il riscaldamento a pavimento».
Cambio di scena. Nel 2015 Camoletto viene incaricato di gestire un considerevole ampliamento della zona notte privata del loft, che conta oggi 460 metri quadrati all’interno e 370 all’esterno. «Il proprietario, che è titolare di un brand di moda e vive qui con la moglie e i tre figli, voleva un appartamento algido, molto pulito nei volumi, con spazi ariosi», aggiunge Camoletto. «Non voleva nessun tipo di contenitore, tutto a vista. Qui gli armadi non esistono. Ci sono solo nicchie a giorno tra i setti portanti: il guardaroba della stanza padronale è un’appenderia da boutique». Conoscendo bene la fisionomia del luogo – coadiuvato nel progetto da Alessandro Bausola - l’architetto decide di sfruttare al meglio la natura bivalente della costruzione, in parte legata all’epoca liberty e in parte più dichiaratamente contemporanea. Ecco allora che da un lato esalta l’anima industriale dell’ex magazzino, rivestendo il lungo muro perimetrale del soggiorno in mattoni a vista con una controparete finita a pittura bianca, ma non esitando a esibire le grandi travi in cemento armato che scandiscono i so!tti e non sacrificando il living che sembra non finire mai, accentuandone anzi la personalità fuori dal comune. «Solo la zona che comprende il soggiorno e la cucina misura 25 metri di lunghezza per 6,5 metri di larghezza, che vuol dire 150 metri quadrati. Per sottolineare la lunghezza di quell’ambiente ho creato una mensola-contenitore sospesa e ininterrotta che ospita 5.500 vinili della collezione del proprietario, dietro cui ho fatto correre un neon che di notte segna in maniera più marcata gli spazi». Questo segno forte architettonico è equilibrato poi da una serie di stanze che declinano un lessico ancor più articolato, giocato su elaborati sfasamenti di volumi. Le stanze della zona notte, che fanno parte del palazzo dei primi 900, hanno un’altezza maggiore rispetto al living, misurano 4,4 metri, e ciò ha reso possibile creare dei soppalchi, «che però si a"acciano soltanto sulle camere, coprendo un terzo della superficie».
A fare da raccordo tra il corridoio e le camere dei tre figli c’è la stanza padronale. Da qui prende forma un inedito disegno, che in pianta suggerisce l’idea di una città. «Ho riprodotto in scala l’assetto urbano di Torino», nota Camoletto. «Ogni stanza è idealmente una piazza che guarda una facciata e tutta la zona notte è organizzata lungo una direttrice che può essere vista come il percorso viario di una città quadrata: partendo da un asse principale, sono state realizzate diramazioni secondarie, in muratura e con setti trasversali in vetro traslucido, per consentire alla luce di di"ondersi». Per permettere alla luce di fluire, anche lungo la parete interna del soggiorno sono state praticate ampie e regolari aperture tamponate con pannelli vitrei opachi di colore grigio, che danno respiro luminoso alle due camere principali, ma fanno l’e"etto di misteriose finestre giganti sulla città. «Inoltre lungo il soggiorno sono stati creati degli skylite in vetro, dei finestroni a so!tto che rendono l’ambiente ancora più arioso». E qui, in uno spazio che sembra infinito, disegnato dalla luce che filtra dall’alto e dal basso, da destra e da sinistra, compaiono episodi architettonici di grande eleganza, come le scale in vetro che portano al soppalco riservato alla lavanderia e alle cabine armadio. «Quella scala sembra un tappeto che si srotola, con la struttura metallica arretrata, in modo da creare un senso di leggerezza. L’idea era di intervenire con queste strutture in modo dichiarato, ma senza appesantire il look del progetto».
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